A marzo 2016, Bruxelles e Ankara hanno firmato un accordo sull’immigrazione in cambio di sostegno finanziario.

Subito dopo la crisi migratoria del 2015 e con l’obiettivo di ridurre il numero di migranti in arrivo nei paesi dell’UE, soprattutto in Grecia, l’Unione europea e la Turchia hanno firmato una cosiddetta dichiarazione congiunta, un accordo sulla cooperazione in materia di flussi migratori verso l’UE.

Inizialmente il governo tedesco aveva portato avanti le comunicazioni con la Turchia.Successivamente, il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, prese le redini delle negoziazioni con Ankara.I governi degli stati membri dell’UE sostennero la dichiarazione, al cui interno la Turchia acconsentiva a riaccogliere i migranti irregolari in arrivo nelle isole greche. Per ciascun rifugiato siriano ritornato in Turchia con questo sistema, l’UE ne avrebbe accettato un altro, il quale avrebbe avuto accesso alla protezione prevista dalle convenzioni internazionali; il limite massimo è di 72.000 persone. Questo meccanismo prende il nome di “meccanismo 1:1”.

L’idea di fondo della dichiarazione congiunta era di fornire una protezione adeguata e delle prospettive per i rifugiati in Turchia per dissuaderli dal percorrere rotte irregolari per raggiungere l’UE, andando a colpire il modello di business dei trafficanti di esseri umani.

Elementi principali dell’accordo

  • La Turchia mira a incrementare la protezione dei suoi confini con la Grecia e la Bulgaria per prevenire l’ingresso dei migranti nell’UE
  • Chiunque arrivi in Grecia illegalmente come rifugiato o migrante deve essere rimandato in Turchia
  • Ad ogni individuo tornato in Turchia corrisponde un migrante già autorizzato a entrare nel territorio dell’UE
  • L’aiuto umanitario ai rifugiati viene fornito nei limiti dei confini della Turchia; l’UE si impegna a pagare 6 miliardi di euro in due tranche spalmate su un periodo di quattro anni per finanziare le attività e i progetti a sostegno dei migranti in Turchia.
  • Rafforzamento dell’Unione doganale tra l’UE e la Turchia
  • Ripresa dei negoziati per l’ingresso della Turchia nell’UE
  • Regime di esenzione dal visto (a determinate condizioni) per i cittadini turchi in viaggio verso l’UE
  • Una volta ridotti gli spostamenti irregolari tra Turchia e UE, verrà attivato un programma volontario di ammissione umanitaria

Sin dall’adozione della Dichiarazione e del Piano d’azione, il numero di rifugiati e di migranti irregolari in arrivo nell’UE dal mar Egeo è diminuito significativamente.

In ogni caso, molti pochi irregolari sono stati riportati in Turchia con il meccanismo 1:1. Nel 2019, ad esempio, meno di 200 migranti sono stati reinviati, a fronte dei 48.550 in arrivo dalla Turchia all’UE. Da allora le cifre sono molto diminuite, all’incirca del 70 percento nel 2020, secondo un report riservato della Commissione europea. Oggi si trovano al livello più basso registrato dal 2015.

In ogni caso, nel febbraio 2020, la Turchia ha aperto temporaneamente le frontiere, incoraggiando lo spostamento dei migranti verso la Grecia. Decine di migliaia hanno tentato di farvi ingresso e sono stati rispediti indietro con misure drastiche dalla polizia di frontiera greca.

Solo in pochi sono riusciti ad entrare nel territorio dell’UE, nonostante l’amministrazione turca dichiarava l’ingresso di circa 75.000 persone. A causa di questo avvenimento i rapporti tra Ankara e Bruxelles sono entrati ulteriormente in tensione e si vociferava addirittura che l’accordo del 2016 non fosse più in vigore.

La Turchia accusò l’UE di essere venuta meno ai suoi obblighi contrattuali, in particolare sull’attuazione del regime di esenzione dal visto per i cittadini turchi e la velocizzazione dei negoziati di adesione della Turchia all’UE.

I finanziamenti

Il sostegno finanziario di 6 miliardi di euro previsto per le attività di assistenza ai rifugiati in Turchia avrebbe dovuto essere erogato durante il corso dei successivi quattro anni, fino al 2019. Tali fondi erano destinati alle organizzazioni umanitarie consolidate (UNICEF, UNHCR etc.) e ai partner locali di progetto. Il finanziamento non doveva essere inviato direttamente al governo turco.

Stando a quanto dichiarato dell’UE, i fondi hanno permesso la costruzione di più di 180 ospedali e strutture sanitarie con all’interno un totale di 2.900 membri di personale sanitario. Inoltre, sono state costruite più di 300 scuole, che permettono a circa 685.000 bambini rifugiati di frequentare le lezioni e a 4.000 insegnanti di essere impiegati. In più, 700.000 bambini rifugiati hanno ricevuto il vaccino e circa 2 milioni di donne incinte sono state sottoposte a esami ginecologici.

I fondi sono stati gestiti dallo Strumento dell’UE per i rifugiati in Turchia e distribuiti con il tramite di agenzie e partner di progetto presenti sul posto.

La Turchia ha accusato ripetutamente l’UE per essere venuta meno ai suoi impegni: per non aver, ad esempio, erogato tutti e 6 i miliardi di euro entro la fine del 2019. Ad oggi, l’UE ha erogato solo 4.5 miliardi per i rifugiati siriani in Turchia.

I valori in gioco

Diritti umani e Stato di diritto

L’asilo è concesso alle persone che fuggono da persecuzioni o danni gravi nel proprio paese e che quindi necessitano di protezione internazionale. L’asilo è un diritto fondamentale e concederlo è un obbligo internazionale. Ciò è stato riconosciuto per la prima volta nella Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati. L’ONG Human Rights Watch sostiene che questo trattato “contraddice quei principi dell’UE che garantiscono il diritto di chiedere asilo e quelli contro le espulsioni collettive”.

Le procedure comuni di asilo a livello dell’UE sono disciplinate dalla direttiva sulle procedure di asilo del 2013, che vincola tutti i paesi ad eccezione dell’Irlanda e del Regno Unito. Questa comprende diversi processi amministrativi per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Oltre alla normale procedura, i paesi europei applicano procedure accelerate, di frontiera e di ammissibilità.

Gli Stati membri devono registrare la domanda di asilo entro tre giorni lavorativi, se la domanda è stata presentata all’autorità competente ai sensi del diritto nazionale per tale registrazione, o non oltre sei giorni lavorativi se è stata presentata ad altre autorità che potrebbero ricevere domande di asilo ma non dispongono della competenza per registrarle, come ad esempio alla frontiera o in un contesto di detenzione.

Il termine per la registrazione può essere esteso a dieci giorni lavorativi nel caso in cui un gran numero di cittadini di paesi terzi richiedano asilo contemporaneamente. Alcuni paesi dell’UE, ad esempio Belgio e Cipro, prevedono un limite di tempo per presentare la domanda in seguito all’ingresso nel paese. Tuttavia, una persona che ha presentato una domanda di asilo deve avere l’effettiva possibilità di presentare la domanda il prima possibile. Gli Stati membri dell’UE possono richiedere che le domande di asilo siano presentate “di persona e/o in un luogo designato”. La nuova procedura accelerata è stata ritenuta lesiva dei diritti umani in quanto i minori e le vittime di violenza sessuale non ricevono le cure necessarie. Le strutture di accoglienza sono state trasformate in centri di detenzione non attrezzati per trattare i soggetti richiedenti asilo più vulnerabili. L’accordo UE-Turchia ha peggiorato le condizioni di vita dei migranti, tutti concentrati sul territorio greco. I campi sono sovraccarichi e gli stati membri dell’UE faticano a cooperare.

Il Regolamento di Dublino rafforza la protezione dei richiedenti asilo durante il processo di istituzione dello Stato competente per l’esame della domanda e chiarisce le regole che disciplinano le relazioni tra gli Stati. Questo crea un sistema per rilevare tempestivamente i problemi nei sistemi nazionali di asilo o accoglienza e affrontarne le cause profonde prima che si trasformino in crisi a tutti gli effetti.

Le norme dell’UE in materia di asilo consentono agli Stati membri, in determinate circostanze chiaramente definite, di dichiarare una domanda “inammissibile”, ovvero di respingere la domanda senza esaminarne la sostanza. Sul piano legale sono previste due possibilità per dichiarare inammissibili le domande di asilo, in relazione alla Turchia:

    1. Paese di primo asilo (articolo 35 della direttiva sulle procedure di asilo): se la persona è già stata riconosciuta come rifugiata in quel paese o gode comunque di una protezione sufficiente in tale paese;
    2. Paese terzo sicuro (articolo 38 della direttiva sulle procedure di asilo): laddove la persona non abbia già ricevuto protezione nel paese terzo ma il paese terzo in questione può garantire un accesso effettivo alla protezione alla persona riammessa.

Particolare attenzione deve essere prestata alla situazione dei gruppi vulnerabili, in particolare dei minori non accompagnati: tutte le decisioni devono essere “nel loro migliore interesse”. Inoltre, viene prestata particolare attenzione alle persone che hanno familiari stretti negli Stati membri dell’UE. Tutti i richiedenti asilo possono presentare ricorso contro una decisione negativa e avere garantito il diritto di rimanere sul territorio dell’UE in attesa di una sentenza.

L’accordo UE con la Turchia prevede che il rientro dei migranti in Turchia “avverrà nel pieno rispetto del diritto comunitario e internazionale, escludendo così ogni tipo di espulsione collettiva. Tutti i migranti saranno protetti in conformità con gli standard internazionali pertinenti e nel rispetto del principio di “non respingimento”. Sarà una misura temporanea e straordinaria necessaria per porre fine alla sofferenza umana e ripristinare l’ordine pubblico.

“I migranti in arrivo nelle isole greche saranno debitamente registrati e qualsiasi domanda di asilo sarà trattata individualmente dalle autorità greche in conformità con la Direttiva sulle procedure di asilo, in collaborazione con l’UNHCR. I migranti che non richiedono asilo o la cui domanda è stata ritenuta infondata o inammissibile in conformità con la suddetta direttiva saranno rimandati in Turchia”.

In pratica, ciò significa che le persone che richiedono asilo in Grecia vedranno le loro domande trattate caso per caso, compresi i colloqui, le valutazioni individuali e il diritto di ricorso in caso di rifiuto. L’UE ha ripetutamente sottolineato che non ci sarebbero stati rimpatri di alcun tipo dei richiedenti asilo in Turchia. Tuttavia, si è dimostrato difficile valutare la vulnerabilità di un individuo che sta attraversando la procedura accelerata. Inoltre, i migranti illegali che arrivano in Grecia e si qualificano per la protezione internazionale possono essere rimandati in Turchia come gruppo, il che può essere considerato un’espulsione collettiva contraria ai principi dell’UE.

L’accordo bilaterale riconosce automaticamente che la Turchia è un paese sicuro in cui rimandare i migranti. Le relazioni nei campi e una serie di decisioni giudiziarie dei tribunali nazionali dell’UE hanno stabilito che non è così. È stato dimostrato che la Turchia rimanda indietro i migranti in zone di guerra e in stati non sicuri.

Dignità umana

L’UE si è impegnata a garantire la protezione umanitaria minima a tutti i migranti. I migranti che entrano nell’UE in modo irregolare vengono accolti e forniti di beni di prima necessità in Grecia, dove sono anche registrati.

Inoltre, in base all’accordo tra la Turchia e l’UE, molti dei rifugiati inviati in Europa hanno esigenze speciali. Ankara è stata criticata nel 2016 dalla Germania per non aver permesso a richiedenti asilo altamente qualificati di lasciare il paese. Secondo le relazioni, le autorità turche hanno ripetutamente ritirato i permessi di viaggio che erano già stati concessi perché i rifugiati svolgevano professioni quali ingegnere, medico, o comunque si trattava di lavoratori qualificati e ben preparati.

L’UE si è impegnata a garantire dei fondi destinati ai rifugiati e ai migranti bloccati in Turchia. Nel frattempo, la Turchia continua a chiedere più finanziamenti poiché sostiene di non poter garantire condizioni di vita adeguate a tutti i migranti sul suo territorio. Ha anche chiesto una minore supervisione del finanziamento da parte dell’UE in modo da poter allocare le risorse da sé.

Libertà e sicurezza

Il regolamento EURODAC è stato adottato per consentire alle forze dell’ordine di accedere alla banca dati dell’UE contenente le impronte digitali dei richiedenti asilo al fine di prevenire, individuare o indagare sui crimini più gravi, come l’omicidio e il terrorismo.

La libertà di circolazione all’interno dell’UE si applica solo ai cittadini dell’UE, non ai richiedenti asilo. Tuttavia, la direttiva UE sul ricongiungimento familiare si applica anche ai rifugiati, il che significa che hanno il diritto di portare con sè i membri della propria famiglia una volta accettati come rifugiati.

Democrazia

Quando la crisi migratoria del 2015 ha colpito l’UE, molti Stati membri, sebbene inizialmente aperti all’accoglienza dei rifugiati, hanno cercato di chiudere i propri confini, a seguito degli abbondanti flussi migratori e della pressione della popolazione. In diversi paesi, i partiti di estrema destra o populisti hanno sfruttato la questione dell’immigrazione a proprio vantaggio, costringendo il governo a prendere posizioni molto più dure. Questo è stato riscontrabile in Austria, Germania e in molti altri paesi.

Gli Stati membri dell’Europa centrale e orientale invece hanno rifiutato apertamente di accogliere qualsiasi rifugiato, provocando il forte risentimento degli altri. Alla fine, ciò ha portato a pressioni a livello europeo per proteggere meglio le frontiere esterne dell’UE dall’immigrazione illegale.

L’accordo UE-Turchia può quindi essere visto come un’espressione della volontà della maggioranza dei cittadini europei, nonostante le critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani e di altri.

Aspetti giuridici

Sebbene la dichiarazione UE-Turchia del marzo 2016 sia fondamentalmente una dichiarazione di intenti, si basa sulla premessa che le persone che non hanno diritto alla protezione internazionale possono essere immediatamente rimpatriate in Turchia. Tuttavia, la base giuridica per il rimpatrio dei richiedenti asilo respinti è l’Accordo di riammissione delle persone in posizione irregolare tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia del 2013, che ha a sua volta sostituito un accordo bilaterale tra Grecia e Turchia.

Questo accordo è stato firmato dall’allora commissaria Cecilia Malmström e dal governo turco nel 2013 e approvato dal Consiglio dei ministri. Esistono accordi simili tra l’UE e altri paesi terzi che sono considerati “zone sicure” per rifugiati e migranti.

Tuttavia, i gruppi a sostegno dei diritti umani hanno criticato l’accordo per il mancato riconoscimento di diritti umani sostanziali a migranti e rifugiati da parte della Turchia, inclusa la detenzione arbitraria o l’espulsione nonostante l’ammissibilità allo status di rifugiato. Altrettanto controversa è la discrezionalità lasciata alle autorità di uno Stato membro dell’UE nell’esaminare le richieste di protezione e il rispetto incoerente degli obblighi internazionali in relazione al trattamento dei migranti irregolari intercettati soggetti a rimpatrio e riammissione, minando quindi il diritto di asilo nell’UE. Le ONG hanno anche accusato una mancanza di trasparenza, monitoraggio e responsabilità nell’attuazione dell’accordo con la Turchia.

È stato efficace?

L’attuazione dell’accordo è supervisionata da un gruppo di lavoro congiunto composto dalla Commissione europea e da rappresentanti del governo turco. Nonostante le recenti incomprensioni, sembra che l’accordo abbia contribuito a ridurre l’afflusso di migranti in arrivo in Europa dalla Turchia.

Tuttavia, Ankara ha assunto una certa riluttanza nell’onorare i suoi impegni, come si è visto nella primavera del 2020 quando la Turchia ha temporaneamente aperto i suoi confini alla Grecia. Inoltre, sono sorte tensioni politiche tra la Turchia e i paesi dell’UE per la mancanza di progressi sul fronte dei negoziati di adesione e dei viaggi senza visto per i cittadini turchi. Molti nell’UE, compresi i governi e la maggioranza al Parlamento europeo, vogliono congelare i negoziati di adesione della Turchia, che sono in corso da quasi 20 anni.

Le organizzazioni per i diritti umani sottolineano anche il fatto che pochi degli oltre tre milioni di migranti attualmente in Turchia beneficiano di questo accordo e del sostegno finanziario dell’UE. In particolare, i siriani presenti in Turchia vivono al di sotto della soglia di povertà e sono spesso detenuti nei centri di detenzione turchi in attesa del responso alla domanda di asilo. I richiedenti asilo respinti vengono spesso riportati nei loro paesi di origine, compresa la Siria.

Anche il fatto che la Turchia possa essere considerata un “paese terzo sicuro” da’ origine a qualche dubbio. I critici sostengono che l’accordo UE-Turchia abbia eroso i diritti di rifugiati e migranti e prolungato la loro insicurezza giuridica, fisica e psicologica. È vero che la Turchia conta il maggior numero di rifugiati, con 4 milioni di persone (di cui 3,6 milioni dalla Siria), ma bisogna considerare che dal 2014 questa ha rimpatriato centinaia di rifugiati nel confine siriano, violando il principio di non respingimento.

Nel complesso, è possibile concludere che i diritti umani dei migranti non sono tutelati in Turchia, almeno non nella misura richiesta dai valori e principi dell’UE.

Autori: Hélorie Duval/Michael Thaidigsmann